«Dobbiamo confrontarci con le prospettive antropologiche almeno su due livelli. Uno è la mediazione: è necessario che ci siano persone che abbiano un’affinità culturale e siano capaci di creare una mediazione interculturale tra noi e i migranti. Ma anche noi dobbiamo imparare a saper mediare, ad assumere un ruolo di incontro, ad ascoltare», laddove ascoltare significa riconoscere a queste persone le loro capacità, la competenza a esprimere un punto di vista, il loro essere protagonisti e soggetti. «Perché solo attraverso questa forma di ascolto e di riconoscimento probabilmente si apriranno e ci racconteranno bisogni e desideri, la loro storia, le loro rivendicazioni. Anche la loro curiosità, l’impulso che li ha portati a partire e che spesso è una spinta positiva». Così, insieme, si può provare a condividere e a ricostruire le storie e a capire se queste storie possono avere un destino diverso, anche nel presente.
Ecco la grande lezione che ci ha lasciato il dottor Stefano Vecchio, direttore del Dipartimento Dipendenze della Asl Napoli 1 Centro e presidente del Forum Droghe, a margine dell’incontro di mercoledì 22 gennaio a Foggia nell’ambito del percorso formativo del progetto FAMI Salute – “Prevenzione 4.0” sulla dimensione transculturale dei servizi sociosanitari. Quello col dottor Vecchio è stato l’ultimo dei quattro appuntamenti realizzati nelle sei province pugliesi e dedicati agli addetti ai lavori.