Su.Pr.Eme. Italia “cura” lo sfruttamento lavorativo dei migranti con relazioni di comunità

Su.Pr.Eme. Italia “cura” lo sfruttamento lavorativo dei migranti con relazioni di comunità

In una Capitanata con 3.500 aziende dedite alla raccolta di pomodoro e dove la parola raccogliere spesso è sinonimo di lavoro irregolare, una indagine esperienziale condotta su un campione di 58 persone, rappresentativo di istituzioni pubbliche, organizzazioni datoriali, organizzazioni sindacali, terzo settore e cittadinanza, evidenzia che per il 61% della comunità la principale causa di sfruttamento lavorativo nelle campagne è dovuta alla mancanza di un sistema efficiente di reclutamento dei braccianti e di un’interfaccia diretta con loro. Creare un sistema che faccia comunicare direttamente manodopera e datore di lavoro favorirebbe l’emersione di tante irregolarità e il superamento dell’annoso fenomeno del caporalato.

Sullo stesso campione, costituito da 30 donne e 28 uomini di età media tra i 40 e i 49 anni, il 74% degli intervistati alla domanda come si dovrebbe agire, ha risposto con la necessità della nascita di nuovi modelli di agricoltura che includano i braccianti stranieri in altre attività; il 47% ritiene, invece, che siano necessarie azioni di conoscenza interculturale.  

Sono solo alcuni dei dati emersi da un questionario digitale messo a punto dall’Università di Foggia e curato dal professor Antonio Stasi, a cui sono stati sottoposti contemporaneamente gli ospiti della due giorni della tappa foggiana dell’Agorà della Condivisione del progetto Su.pr.Eme. Italia, inserito nel Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato e finanziato nell’ambito dei fondi AMIF – Emergency Funds (AP2019) della Commissione Europea – DG Migration and Home Affairs.

Su.Pr.Eme. Italia ha scelto un vigneto illuminato a giorno, sotto le note di un pianoforte e un sax per affermare che esiste un altro modello di vivere la terra. Quello di un’agricoltura che non solo raccoglie ma accoglie. Crea relazioni, mette in contatto persone provenienti da mondi diversi, un’agricoltura che si prende cura delle persone oltre che dei frutti. È quanto accaduto nell’Agorà della condivisione, al centro del vigneto Federico II di Cascina Savino a Foggia, nei due eventi organizzati nell’ambito del progetto interregionale Su.Pr.Eme. Italia “Sud protagonista nel superamento delle Emergenze in ambito di grave sfruttamento e di gravi marginalità degli stranieri regolarmente presenti nelle cinque regioni meno sviluppate quali Puglia, Calabria, Sicilia, Campania e Basilicata.” 

Banco di prova di questo nuovo format per testare la risposta della comunità territoriale la Capitanata, dove le pratiche illegali in agricoltura hanno radici profonde, con dinamiche immutate, che da decenni pescano braccia da lavoro da sacche di marginalità e da categorie bisognose, facilmente ricattabili, con storie di disperazione alle spalle come i lavoratori stranieri.

«Contaminazione – afferma Domenico De Giosa, dirigente della sezione Sicurezza del Cittadino, Politiche per le migrazioni e Antimafia sociale della Presidenza della Regione Puglia – è una delle pratiche che con questo progetto la Regione Puglia assume per affrontare il problema dello sfruttamento lavorativo dei migranti presenti sul territorio, per dare loro dignità creando contesti di integrazione con momenti di condivisione sui quali il progetto Su.Pr.Eme. Italia punta per coinvolgere tutti gli stakeholder del territorio perché insieme, e non da soli, si possa superare e risolvere questo annoso fenomeno». 

Per un fenomeno che non cambia da anni, Su.Pr.Eme. Italia, partendo dalla Puglia, prova a cambiare l’approccio, cambiando prospettiva. E se si cominciasse a guardare i migranti non solo come manodopera, non solo per le potenzialità delle loro mani ma per quelle delle loro teste?

Con questo intento i curatori del progetto, Systemar Viaggi, Never Before Italia e International Sound, con la collaborazione dell’hub creativo e innovativo Vazapp, hanno raccolto e accolto in un vigneto, spazio fisico altamente simbolico, tutti i soggetti della comunità sottoponendoli a un’sperienza di relazione. Esponenti del mondo agricolo, universitario, sindacale, politico, datoriale, culturale, imprenditoriale, migranti ospiti di Casa Sankara si sono ritrovati a dialogare insieme, per incrociare bisogni, conoscerli da vicino, pensare e proporre, condividendole, possibili soluzioni. 

La presenza dei migranti di Casa Sankara è stata l’occasione per ricordare l’impegno ed il lavoro di Stefano Fumarulo, il dirigente della Regione Puglia esperto di antimafia sociale scomparso, che per primo aveva intuito la necessità di nuovi modelli di integrazione e di strumenti innovativi come le foresterie regionali per i lavoratori agricoli migranti.    

Durante il format della Contadinner, pensato per favorire relazioni tra agricoltori grazie anche alla mediazione del cibo, attraverso le interviste realizzate dalla sociologa Manuela Mistri di CFI Group, Istituto di ricerche sociologiche e di marketing, sono state raccolte le sollecitazioni degli stakeholder sui BISOGNI del territorio.

I bisogni del territorio secondo gli stakeholder (Esponenti politici, Pubblica amministrazione, Università, Sindacati, Associazioni datoriali, Terzo Settore, Associazioni di categoria)

  • In Capitanata il fenomeno dell’illegalità ha subìtoun processo di normalizzazione che solo in parte è stato rallentato dagli interventi di contrasto al caporalato previsti dalla legge (199/2016);
  • Contro la normalizzazione è necessario un piano di azioni preventive, prima fra tutte la diffusione della cultura della legalità nelle scuole, per incidere sulla formazione culturale dei più piccoli che spesso subiscono forti condizionamenti ambientali;  
  • Le leggi, che pur esistono, non bastano. Gli agricoltori spesso dicono di non conoscerle. Si sente forte la mancanza di un’adeguata comunicazione;
  • I sussidi esistenti (reddito di cittadinanza, sussidio di disoccupazione) sono avvertiti come strumenti disincentivanti al lavoro. Di qui spesso la mancanza di manodopera locale e il ricorso alla manodopera straniera con meno potere contrattuale;   
  • Si avverte la necessità di elevare le competenze e le conoscenze degli agricoltori;
  • Mancanza di un link tra domanda e offerta di lavoro;
  • L’eccesso di burocrazia non favorisce forme di lavoro sano;
  • L’elevato costo del lavoro agricolo è considerata una delle principali cause di ricorso a forme di lavoro illegale.

Le indicazioni raccolte da CFI group e dall’Università di Foggia saranno assunte come indicazioni per lo sviluppo di azioni sul territorio, per la sottoscrizione di protocolli di intesa e per la realizzazione di percorsi di accompagnamento della Pubblica Amministrazione all’attivazione di processi di integrazione.